Le periferie delle città non hanno identità, tutte uguali,
tutte anonime.
Piccoli spazi di erbe ingiallite fanno da contorno ad
asfalti ruvidi e grigi, piatti, lunghi, tristi.
Un giorno sono arrivate le rotatorie che hanno cambiato il
senso della direzione.
Ogni mattina esco di casa e mi trovo a dover entrare nelle
rotatorie e ad incontrare pensieri umani che si intersecano all’infinito.
Ognuno vi entra secondo il proprio modo di essere e di
pensare, secondo un proprio filo conduttore. Siamo sicuri di sapere cosa fare, come, quando.
Pensiamo di prendere decisioni importanti, ma, una volta
dentro alle situazioni, si allontana il senso, si presenta il dubbio e, come
nelle rotatorie, iniziamo a girare senza meta.
Sembra una giostra, giriamo,
giriamo come in una danza, ma senza musica, senza spartito, senza un fine
apparente.
Tutto intorno, sempre solo intorno, piano, veloce, nella
stessa direzione.
Poi, d’improvviso, ne usciamo.